Dinamica tra odio, colpa e paura




"Scavando a fondo in noi stessi rischiamo d'imbatterci in uno sconosciuto" (Michelangelo)

  


Gli aspetti clinici dei rapporti tra gli stati emotivi di odio, colpa e paura sono particolarmente complessi.

La difficoltà riguarda le serie di formazioni a strati la cui connessione è spesso un genere specifico di reazione emotiva.

Questo vale per ciascuno degli atteggiamenti emotivi in questione in modo che se ne può trovare uno a un certo livello nella mente, un altro ad un livello più profondo, il primo di nuovo a un livello ancora più profondo, e così via.

È questa stratificazione che rende difficile sapere qual è il primario e quale il secondario di uno qualsiasi dei due gruppi risultanti dagli accoppiamenti delle emozioni in oggetto.

In termini dinamici la serie complessa di interazioni tra questi atteggiamenti rende difficile determinare cronologicamente i loro rapporti evolutivi.

In un paziente che soffre di una qualsiasi forma di nevrosi di paura, di angoscia morbosa, per esperienza clinica sappiamo che dovrà essere presente, da qualche parte, anche il senso di colpa.

A volte sarà facile dimostrarlo, altre volte sarà estremamente difficile farlo ma, se l’analisi viene compiuta con coerenza, questa asserzione si dimostrerà corretta.

Ciò non significa che la paura in senso stretto non possa esistere senza l’esperienza della colpa, ma si può affermare che la paura osservata clinicamente, cioè in una nevrosi in cui la paura costituisce uno dei sintomi, ha sempre dietro di sé un senso di colpa operante.

Così la coscienza ci rende tutti vigliacchi” (Shakespeare)

La questione rimane comunque complessa. 

Non è possibile che una reazione emotiva filogeneticamente tanto antica quanto la paura possa dipendere, o essere generata, interamente da una reazione acquisita più di recente come il senso di colpa.

Eppure lo scetticismo della visione etologica trova i suoi punti di frizione nella ricerca psicologica sui primissimi stadi dello sviluppo infantile, che indicano come il senso di colpa proviene da uno stadio molto antecedente alla paura o per meglio dire a un certo tipo specifico di paura.

A quanto pare ogni strato della personalità è abitato da qualità specifiche delle singole emozioni di paura, odio o colpa.

Il senso di colpa può essere straordinariamente profondo.

Un paziente può essere riuscito a esprimere i conflitti di colpa inconsci in termini di paura conscia, può essere così convinto che le sue difficoltà derivino dalla paura e da nient’altro, che ci vogliono anni di lavoro terapeutico per rendere conscio il senso di colpa sottostante.

L’odio è una delle maschere più comuni del senso di colpa e implica che gli altri, a causa della loro crudeltà, vengano riconosciuti come la causa della sofferenza del soggetto che prova odio.

La responsabilità del dolore prodotto dal senso di colpa inconscio viene spostata sull’altra persona. 

Questo meccanismo è molto familiare nella situazione di transfert.

L’esperienza clinica suggerisce che dietro ad esso c’è molto spesso il senso di colpa, ma un’indagine ulteriore dimostra tuttavia che il senso di colpa stesso dipende da uno strato di odio ancora più profondo e del tutto inconscio, che differisce notevolmente dallo strato superiore conscio in quanto non è egosintonico.

Nell’ultima delle tre combinazioni possibili e cioè il rapporto dinamico tra paura e odio, si può osservare lo stesso fenomeno. L’odio, nella forma attenuata di cattivo umore, irritabilità o rabbia, è spesso una copertura di uno strato di apprensione sottostante o una difesa contro di esso.

Ciò può manifestarsi in modo cronico, come in un carattere antipatico e irritabile, o in modo acuto, come quando un allarme improvviso genera uno scoppio d’ira invece del panico. 

La paura sottostante è comunque condizionata dalla presenza di uno strato ancora più profondo di odio dello stesso tipo egodistonico precedente.

Clinicamente non è difficile dimostrare la presenza di tre stadi di cui il primo e il terzo sono della stessa natura. 

In uno dei tre casi è presente la paura che costituisce lo strato più profondo, negli altri due l’odio.

Ma la complessità dei rapporti finali cronologici ed eziologici tra questi stadi emotivi, impone rispetto e l’umiltà di riconoscere che siamo solo all’inizio di una lunga ricerca e che la personalità è un sistema che abbiamo cominciato ad esplorare relativamente da poco.