Riflessioni di una donna in psicoterapia

  



"Con le parole una persona può rendere felice l'altra"
(Sigmund Freud)



"Ho bisogno di stare meglio e di lasciarmi alle spalle i problemi che non mi fanno dormire da tempo. Un'amica mi ha dato il numero di uno psicoterapeuta.

Lo chiamo e prendiamo un appuntamento. Desidero aiuto ma non so se posso fidarmi di lui. Potrebbe vedere in me cose che non conosco, cose brutte e spaventose.

Lo incontro. Non sembra che lui mi giudichi ma io sono sicura che lo fa.

Non posso dirgli quello che veramente mi spaventa e mi disturba, però posso parlargli di qualche vecchia esperienza collegata alla mia sofferenza.

Sembra che lui capisca queste cose e allora posso raccontargli anche un po’ più di me stessa.

Ora che gli ho raccontato alcuni dei miei lati cattivi sono sicura che mi disprezza anche se non ne ho la prova.

La mia vergogna non riesce a trovare la giustificazione di esistere sulla faccia e nelle parole del terapeuta quindi voglio andare oltre, esplorarmi.

Quando esprimo più me stessa trovo in lui una specie di compagno, sembra che mi comprenda veramente.

Ma ecco che mi sento di nuovo spaventata e questa volta profondamente.
Non riesco a capire come l’esplorazione di me stessa possa farmi percepire sentimenti mai provati prima.

È molto strano perché non sono sentimenti veramente nuovi.
Sento che ci sono sempre stati ma non li ho mai lasciati andare perché sembrano così brutti e spaventosi.

Adesso, quando vivo questi sentimenti, nelle ore che passo con lui, mi sento scossa, come se il mio mondo crollasse.
Non è piacevole provare cose che prima mi hanno sempre fatto paura.

Questo è il difetto del mio terapeuta, rende il mio mondo vago e vulnerabile.
Eppure sono ansiosa di vederlo e mi sento al sicuro quando sto con lui.

Io non so chi sono ma quando percepisco delle cose per un momento sembro solida e reale. Sono afflitta dalle contraddizioni che trovo in me stessa. È sconcertante.

A volte è anche avventuroso e divertente cercare di scoprire chi sono e a volte penso che sono una persona di valore.

Comincio a trovare soddisfacente, anche se spesso è penoso, dire ciò che provo.
Mi aiuta cercare di ascoltarmi, percepirmi.

Non sono più tanto spaventata da ciò che succede in me, mi sembra anzi che sia degno di fiducia.

La psicoterapia è un lavoro pesante ma io voglio sapere.

Per la maggior parte del tempo ho fiducia nel terapeuta e questo mi aiuta.
Mi sento vulnerabile ma so che lui non vuole farmi del male e credo che si interessi a me.

Quando mi calo in me stessa penso che se potessi percepire quel che avviene in me e se potessi capirne il significato, saprei chi sono e cosa faccio.

Finalmente insieme a lui qualche volta riesco ad avere questa comprensione.

Posso anche dirgli ciò che sento per lui e invece che minacciare il rapporto, come ho sempre temuto, sembra approfondirlo.
Forse potrei vivere i miei sentimenti anche con altre persone, forse non sarebbe troppo pericoloso.

Ho l’impressione di vivere avventurosamente la mia vita.

A volte mi sento sconfitta o minacciata ma queste esperienze non sono definitive.

Non so esattamente chi sono ma posso sentire le mie reazioni in ogni momento e sembrano costruirsi naturalmente come base per il mio comportamento.

Forse questo è ciò che significa essere me.

Naturalmente sento che posso fare queste cose perché mi sento sicura nel rapporto col mio terapeuta o forse potrei essere me stessa anche fuori dalla terapia?

Sono perplessa, ma forse potrei.

E.