La dittatura dello sguardo





"Un altro giro nei tuoi occhi, un altro soltanto, ti prego
e poi scendo"
(Andrew Faber)


In fondo se ci pensi, quello che ci diciamo è una misera appendice a ciò che ci siamo già comunicati prima ancora di aprire bocca. Non trovi?

Informazioni neurovegetative, richiami ad antiche situazioni infantili personali, condizionamenti culturali o quello che abbiamo imparato a chiamare bellezza e non è altro che il riconoscimento di qualcosa che all'inizio non capivamo e che poi ci è diventato così familiare che lo mettiamo anche sulle calamite del frigorifero. 

Insomma, quel misto di aspettative e idealizzazioni su cui la pubblicità e i supermercati fanno tanto affidamento per venderti quello di cui non hai bisogno.

Ecco, tutto parte dal viso, dallo sguardo che tua madre aveva su di te mentre ti allattava. O giù di lì, insomma, qualcosa del genere.

La parte istintiva che questo linguaggio esprime costituisce il primo codice delle relazioni. 

In Occidente è un segno di rispetto e d’interesse guardare chi sta parlando. 
Tuttavia uno sguardo troppo intenso può essere percepito come un insulto o un segnale di aggressione.

Teniamo sotto controllo lo sguardo dei nostri ascoltatori per vedere se abbiamo la loro attenzione e può sorgere un pò di disagio se ci accorgiamo che distolgono spesso lo sguardo, anche se l'ascoltatore ci assicura che ci sta dando la sua attenzione.

In altre culture, distogliere lo sguardo è un segno di rispetto nei confronti di persone di rango più elevato ed è qualcosa che ci si aspetta fra persone di diverso sesso.

Il contatto oculare viene usato anche per una dominanza sociale. Lo sguardo a terra è un segnale non verbale di accondiscendenza.

È capitato a tutti di farsi bloccare da un’occhiataccia raggelante di un genitore.

Allo stesso modo i bambini s’impegnano in giochi consistenti nel fissarsi negli occhi per vedere chi cederà, oppure chi riderà per primo per il nervosismo.

Quante volte avete sentito l’espressione: "Se gli sguardi potessero uccidere"

D’altronde, mantenere un contatto oculare diretto con qualcuno potenzialmente interessante da un punto di vista sentimentale, può essere interpretato come segno della disponibilità ad accettare un approccio.

Quando vediamo qualcuno che sta guardando nella nostra direzione si verifica un incremento di attività del flusso dorsale visivo del dove (fra il giro fusiforme e il solco intraparietale) nel momento in cui dirigiamo la nostra attenzione all’elaborazione condivisa dell’ambiente esterno.

In questa situazione il cervello è impegnato ad analizzare direzione e oggetto dello sguardo (George, Driver, Dolan, 2001).

Quando lo sguardo altrui si dirige verso di noi, soprattutto se di uno sconosciuto, l’attivazione cerebrale aumenta nell’amigdala così come nell’insula, nelle cortecce cingolata, frontale e temporale (Calder; Kawashima; Kingstone).

In termini psichici si attivano una serie infinita di fantasie, ricordi, aspettative inconsce che si potrebbe affermare che lo sguardo di un estraneo è un'esperienza così intensa da poterla paragonare solo a quella di un sogno.

La valutazione cosciente di uno sguardo è rapidissima a causa dell’importanza che ha il contatto oculare per la sicurezza fisica e il successo riproduttivo (Von Granau, Anston).

“Se le persone mantengono il contatto oculare per più di pochi secondi è possibile che si azzuffino, facciano sesso o entrambe le cose. 
Potete effettivamente sentire questo spostamento quando vi accorgete che vi state mettendo in allarme perché qualcuno vi sta lanciando delle occhiate dirette, specialmente se vi sembra particolarmente minaccioso o attraente” (Senju, Hasegawa)

Per verificare la forza del contatto oculare diretto, Whalen e collaboratori hanno oscurato, risparmiando solo gli occhi, fotografie di facce con espressioni di spavento e di felicità.

Ciò che rimaneva degli occhi erano le pupille e le sclere.

Queste foto erano presentate ai soggetti così velocemente da non permettere loro neppure di essere sicuri di averle viste, si registrava un importante grado di attivazione dell’amigdala quando si presentavano gli occhi di una faccia con un’espressione di spavento ma non quando si presentavano gli occhi con un’espressione di felicità.

Questi dati suggeriscono che il rapporto della pupilla con la sclera visibile offre una misura immediata, automatica e inconscia della sicurezza e del pericolo.

Lo sguardo ci rassicura o ci terrorizza e la forma del viso umano innesca le emozioni più intense che l'individuo possa provare.