"Il limite è nella ripetizione e sottile è il confine
tra conoscenza e perversione"
(Masud Khan)
Perversione è un termine etico e appartiene alla psicoanalisi proprio grazie alla sua componente etica, anche quando le pratiche perverse non riguardano il codice penale.
Nevrosi e perversioni sono modi specifici di essere-nel-mondo nei quali dinamica affettiva, condizione morale, esame di realtà e inclinazione estetica si coniugano.
La psicoanalisi considera amoralmente i soggetti nevrotici o perversi come "oggetti morali".
Il pensiero fenomenologico afferma che lo sguardo oggettivo dell’analista è molto più moralista di quanto l’analista non pensi e la problematica in apparenza morale del nevrotico e del perverso ha molto più a che fare con la realtà dell’altro di quanto non si creda.
Il pensiero fenomenologico afferma che lo sguardo oggettivo dell’analista è molto più moralista di quanto l’analista non pensi e la problematica in apparenza morale del nevrotico e del perverso ha molto più a che fare con la realtà dell’altro di quanto non si creda.
La psicoanalisi ha avuto il merito di indebolire la dicotomia tra fatti e valori. I fatti sarebbero certi meccanismi della psiche, i valori sono i parametri in base ai quali gli atti sono giudicati.
"Non è tanto importante che cosa una persona fa eroticamente e con chi o con che cosa. Ma è importante quanto l’altro conta per chi lo fa" (Khan)
Dovremmo considerare perverso ogni atto che porti un soggetto al piacere sessuale mentre l’altro soggetto compare come strumento di piacere, entrambi attori di una scena che si ripete sempre uguale a se stessa.
Nel sesso l’altro è un fine in quanto si desidera dargli piacere.
Ciò che sostiene la psicoanalisi è che la perversione è l’uso degli altri come cose anziché come persone e come oggetti d’invidia e di desiderio anziché di amore e rispetto.
In realtà la perversione non è usare l’altro come oggetto, ma usare l’altro come soggetto, afferma Khan.
L’altro nella perversione non è un oggetto perché la sua soggettività è una componente essenziale della maggioranza degli atti perversi.
L’altro nella perversione non è un oggetto perché la sua soggettività è una componente essenziale della maggioranza degli atti perversi.
L’esibizionista esige lo sguardo, sorpreso, di chi lo guarda: la soggettività dell’altro è chiamata in causa.
Il voyeur ha bisogno di cogliere una scena nella quale uno o più soggetti godono sessualmente: il loro godimento come soggetti è per lui essenziale.
Il sadico ha bisogno delle implorazioni e del dolore della sua vittima.
Il voyeur ha bisogno di cogliere una scena nella quale uno o più soggetti godono sessualmente: il loro godimento come soggetti è per lui essenziale.
Il sadico ha bisogno delle implorazioni e del dolore della sua vittima.
Il masochista ha bisogno della rabbia e del disprezzo dell’altro.
Nella perversione la soggettività dell’altro è sfruttata come strumento di piacere, entra nel circuito della ripetizione di un piacere che deve essere sempre uguale a se stesso.
La maniacale applicazione della vanità del perverso è incapace di apprezzare la soggettività altrui e lasciarsi andare a ciò che non è conosciuto, ma la utilizza come componente di un complesso macchinario del piacere personale.
Il perverso si muove dentro ai suoi limiti e li ripete ossessivamente.
Freud (1905) aveva formulato una teoria della perversione come positivo della nevrosi e delle nevrosi come negativo delle perversioni.
Per Freud lo stato primordiale della sessualità è perverso, poi si negativizza con la rimozione e la nevrosi.
Nella perversione la soggettività dell’altro è sfruttata come strumento di piacere, entra nel circuito della ripetizione di un piacere che deve essere sempre uguale a se stesso.
La maniacale applicazione della vanità del perverso è incapace di apprezzare la soggettività altrui e lasciarsi andare a ciò che non è conosciuto, ma la utilizza come componente di un complesso macchinario del piacere personale.
Il perverso si muove dentro ai suoi limiti e li ripete ossessivamente.
Freud (1905) aveva formulato una teoria della perversione come positivo della nevrosi e delle nevrosi come negativo delle perversioni.
Per Freud lo stato primordiale della sessualità è perverso, poi si negativizza con la rimozione e la nevrosi.
Per lui il bambino è un perverso polimorfo che non mira al bricolage sessuale perché le sue pulsioni non sono gerarchizzate ai fini del coito.
La sessualità infantile, nei primi scritti di Freud, appare come sessualità positiva: sessualità autentica, non soggetta alle esigenze più raffinate dell’amore per l’altro e per la responsabilità riproduttiva.
La sessualità infantile, nei primi scritti di Freud, appare come sessualità positiva: sessualità autentica, non soggetta alle esigenze più raffinate dell’amore per l’altro e per la responsabilità riproduttiva.
"Freud scriveva che la nevrosi è una perversione inconscia – o rimossa – indicando che essa è la maschera oggettiva di una malattia morale.
Descrivendo il nevrotico come un perverso fallito, Freud lo denuncia come soggetto morale.
La psicoanalisi corrente, invece, è andata nella direzione opposta: ha affrontato gli stessi drammi morali come se fossero nevrosi, finendo per nevrotizzare l’etica, anziché eticizzare le nevrosi" (Benvenuto)
Descrivendo il nevrotico come un perverso fallito, Freud lo denuncia come soggetto morale.
La psicoanalisi corrente, invece, è andata nella direzione opposta: ha affrontato gli stessi drammi morali come se fossero nevrosi, finendo per nevrotizzare l’etica, anziché eticizzare le nevrosi" (Benvenuto)