"L'uomo porta dentro di sé le sue paure bambine per tutta la vita,
arrivare a non avere più paura, questa è la meta ultima dell'uomo"
(Italo Calvino)
La paura è più veloce, automatica, inconscia, generalizzata, multisensoriale e resistente all’estinzione di qualsiasi altra condizione neurovegetativa che il nostro corpo può elaborare.
"Sulla base di come il nostro cervello opera, possiamo dire che l’evoluzione è stata molto più interessata a tenerci in vita che a renderci felici" (Cozolino)
La paura non viene dimenticata facilmente mentre il risultato dell’apprendimento a non aver paura è fragile e spesso svanisce in poco tempo.
Non è neppure necessario che siamo consapevoli perché uno stimolo, nell’ambiente esterno o nel nostro ambiente interno, diventi indice di condizionamento alla paura.
Non è neppure necessario che siamo consapevoli perché uno stimolo, nell’ambiente esterno o nel nostro ambiente interno, diventi indice di condizionamento alla paura.
La nostra amigdala presta attenzione a cose che ci stanno vicino e di cui siamo totalmente inconsapevoli e, guidando i nostri pensieri e comportamenti, ci insegna ad aver paura senza che noi ne siamo consapevoli.
L’amigdala impara velocemente, dimentica lentamente e risponde in 100 millisecondi.
Le reti neurali della paura possono mettersi in azione attraverso diversi cicli di elaborazione, anche prima che uno stimolo che produce paura entri nella nostra consapevolezza.
"Le paure apprese sono tenaci e tendono a ritornare quando siamo sotto stress" (Davis)
L'attività clinica ha evidenziato la facilità di risposte angosciate, paranoiche e muscolo-tensive anche nelle sindromi narcisistiche più strutturate.
Questo è un dato che suggerisce un interessante collegamento, probabilmente di natura evolutiva, tra l'intensità delle prime angosce nel bambino e lo sviluppo di una personalità narcisistica patologica.
L'attività clinica ha evidenziato la facilità di risposte angosciate, paranoiche e muscolo-tensive anche nelle sindromi narcisistiche più strutturate.
Questo è un dato che suggerisce un interessante collegamento, probabilmente di natura evolutiva, tra l'intensità delle prime angosce nel bambino e lo sviluppo di una personalità narcisistica patologica.
La separazione o la morte di una persona cara aumentano i rischi di suicidio, così come un abbandono immaginario innesca comportamenti autolesionistici e suicidari in pazienti borderline.
La paura dell'abbandono è l'organizzatore mentale principale dei comportamenti del bambino, il suo fantasma è la forma più facilmente percepibile dello spettro della morte o della follia.
La paura dell'abbandono è l'organizzatore mentale principale dei comportamenti del bambino, il suo fantasma è la forma più facilmente percepibile dello spettro della morte o della follia.
"Il rifiuto e l’abbandono ci gettano in stati di paura, ansia e vergogna. L’angoscia di essere respinti, il tormento della separazione e i transitori sintomi psicotici del lutto, attestano tutti la forza del ritiro da altre persone importanti" (Irwin)
Le emozioni negative superano quelle positive e hanno un peso maggiore nella valutazione di persone e situazioni.
Un incidente grave, vedere un ferito grave o un cadavere, può imprimersi indelebilmente nella memoria. In un singolo momento di forte intensità emozionale impariamo a essere terrorizzati per il resto della nostra vita.
Un incidente grave, vedere un ferito grave o un cadavere, può imprimersi indelebilmente nella memoria. In un singolo momento di forte intensità emozionale impariamo a essere terrorizzati per il resto della nostra vita.
Imparare a non aver paura può costare, al contrario, anni di sforzi.
Questi elementi di condizionamento alla paura riflettono le qualità primitive del funzionamento dell’amigdala, conservate nel corso dell’evoluzione in una parte molto interna del cervello, alla base del cranio e in connessione con i meccanismi automatici, acquisiti e primordiali del nostro funzionamento neurovegetativo.