"Non ho percezione della mia identità personale.
Vedo me stesso come il luogo in cui qualcosa succede"
(Claude Lévi-Strauss)
La percezione del bambino si riempie di una quantità di spazi e oggetti superiore per numero e complessità a quella della vita adulta.
La parola senso esprime nella sua ambiguità il complesso compito evolutivo: sensazione, significato, direzione. Svelando la dipendenza reciproca della percezione, del nesso e del destino.
Tom Bower verificò l'ipotesi di Piaget che per un bambino l'identità degli oggetti è creata dalla loro posizione o dal movimento.
Per esempio, se una sedia viene messa davanti a una libreria e poi spostata di fronte a un muro, diventa un'altra sedia, perché occupa una nuova posizione.
Per il bambino ci sono tanti oggetti dove per l'adulto ce ne sono pochi.
La frammentarietà dell'esistenza personale dei bambini risulta evidente anche dai loro dialoghi. Ciò che è vero sembra esserlo solo in quel momento. Questa verità sembra non avere alcun nesso con la situazione di alcuni minuti dopo.
"Fin verso i sette/otto anni i bambini non si preoccupano di avere un'opinione unica su un dato argomento.
Certo non pensano la contraddizione, ma adottano successive credenze, che se confrontate, sarebbero contraddittorie"
(Piaget J., Il linguaggio e il pensiero del fanciullo)
Crescendo e accumulando esperienze si consolida la sensazione dell'unicità del tempo che scorre sempre nella stessa direzione.
Il prima e il dopo di un evento riducono la molteplicità dell'esperienza che diventa sequenza di accadimenti e sintesi dell'esperienza.
Il corpo è il luogo di questa sintesi, nei suoi sistemi di afferenze e propriocezioni, l'unità psico-fisiologica riduce e condensa l'esperienza a una forma di contatto precisa (nei luoghi) e costante (nel tempo).
La storia personale crea un significato tra i misteri e gli eventi contribuendo a costruire una realtà individuale. Le storie sono atti di significato (Bruner).
Questo tipo di narrazione è carente nei dialoghi con coloro il cui sviluppo è stato compromesso da eventi potentemente traumatici.
Pierre Janet, che si occupò di moltissimi individui sulle cui vite i traumi avevano lasciato profonde cicatrici (nel complesso descrisse 591 pazienti, individuando in 257 di loro un'origine traumatica della psicopatologia), notò che queste persone non erano in grado di riunire adeguatamente le varie parti della loro esistenza.
Il loro deficit principale era un'incapacità di sintesi personale.
"Essi mostrano una carenza di unità mentale" (Janet P., L’etat mental des hysterics)
Il modo di conversare di questi pazienti era simile a un resoconto:
"Vivono ogni giorno senza immagini del futuro o ricordi del passato, raccontando la stessa storia monotona, giorno dopo giorno" (Janet)
In questi casi il lavoro dello psicoterapeuta tenta la costruzione, ri-costruzione e co-costruzione di una storia del paziente che ricollochi gli eventi e li metta in sequenza.
La sincronizzazione tra il tempo non-lineare del corpo e il tempo lineare della relazione e del dialogo può contribuire allo sviluppo degli aspetti terapeutici della relazione.
La memoria lineare della mente del paziente, nell'esperienza della psicoterapia, ha la possibilità di confrontarsi con la memoria inconscia e non-lineare del suo corpo, scambio nel quale l'individuo può elasticizzare il suo pensiero e articolare la sua storia.