Jacobson, Mahler, Erikson: le tre fasi dell'istinto


 

"L'istinto è il naso della mente" (Delphine Gay de Girardin)



Nello sviluppo della psiche c'è una fase iniziale indifferenziata nella quale Sé e oggetto non si distinguono l'uno dall'altro (simbiosi primaria onnipotente) e c'è un problema nell'attribuzione dell'origine della rappresentazione del Sé: 

L'investimento istintuale originario nella matrice Io-Es ancora indifferenziata, deve comportare un'originaria rappresentazione del Sé fatta di narcisismo puro, onnipotente, oppure la rappresentazione indifferenziata Sé-Oggetto precorre già un investimento separato dal Sé, parallelo a quello dell'oggetto, come la si può constatare nelle successive fasi di sviluppo? 

Edith Jacobson riservò il termine narcisismo primario alla fase di sviluppo precedente all'inizio della differenziazione dell'Io infantile e alla comparsa delle prime tracce di rappresentazioni del Sé e dell'oggetto. 

Questo narcisismo primario quindi prevalentemente teorico, astratto, consiste nell'investimento con cariche istintuali indifferenziate del Sé psicofisiologico primario, che la Jacobson raffigura nel puro alternarsi di stati di tensione crescente e di tensione decrescente

Man mano che la rappresentazione del Sé si differenzia da quella dell'oggetto essa viene investita con cariche libidiche che ora si definiscono narcisismo secondario, il quale si contrappone all'investimento oggettuale che si sviluppa di pari passo. 

L'opera della Jacobson ha fornito lo sfondo teorico alle osservazioni di Margaret Mahler consentendo la costruzione di un modello integrato della psiche infantile che collega le fasi successive della differenziazione Sé-Oggetto con funzioni essenziali dell'Io, come l'esame di realtà, l'organizzazione delle difese, lo sviluppo dell'identità, la formazione del carattere.

Quando la metapsicologia del Sé sembrava definitivamente inquadrata, Erik Erikson diede dell'identità dell'individuo una versione nuova. 

Nel libro Gioventù e crisi d'identità egli ha riassunto le sue idee in proposito, procedendo per approssimazione. 

In un primo momento egli tenta di definire autonomamente l'identità a partire dai dati dell'esperienza dando un posto preciso ai fattori culturali nella sua genesi.

"Il senso dell'identità è un sentimento soggettivo di coerenza e di continuità personale e culturale. La formazione dell'identità è un processo, prevalentemente inconscio, di riflessione e di osservazione che si svolge a tutti i livelli delle funzioni mentali. 

L'individuo giudica se stesso non solo in merito a questo lavoro, ma anche in base al giudizio di sé che percepisce negli altri. E' un processo di differenziazione progressiva che si inizia nel rapporto madre-bambino, ma che non termina mai, e che va incontro a una sua crisi tipica nell'adolescenza. 

Esso è inscindibile dalle trasformazioni che hanno luogo nella comunità cui l'individuo appartiene (vicende storiche, sociali, culturali, ecc.) per cui può essere concettualizzato come una specie di relatività psicologica. 

L'identità personale si fonda sulle percezioni di auto-identificazione, sulla continuità della propria esistenza nel tempo e nello spazio, e sulla possibilità di percepire che gli altri riconoscono la nostra identità. 

L'identità dell'Io è invece la consapevolezza della continuità nelle operazioni sintetizzanti dell'Io, cioè lo stile della propria individualità, che deve coincidere con l'identificazione e continuità del proprio significato per altre persone che contano nella comunità circostante".

Erikson vede l'adolescenza all'interno di una linea di continuità che fa capo all'infanzia. 

In questa prospettiva l'identità finale, come si concretizza al termine dell'adolescenza, viene vista come una configurazione che va evolvendosi, elaborando le varie fasi d'identificazione con individui del passato, comprendendone cioè tutte le identificazioni significative, ma anche alternandole in modo da farne un complesso unico e possibilmente coerente. 

L'influsso di Anna Freud a proposito della qualità e della forza dell'Io, unito agli interessi per l'antropologia culturale, spingono questo autore ad allontanarsi dall'approccio meccanicistico e fisicalistico della teoria psicoanalitica, che operava una distinzione molto netta tra mondo interno e mondo esterno sulla scorta del modello istintivista di Freud. 

Erikson invece, come osserva Ancona, è più interessato a sviluppare il classico concetto di zona libidica allargandola a quello di modo di funzionamento della stessa, dandole un significato di scambio attivo con l'ambiente fisico e sociale.

In Infanzia e società, Erikson propone appunto di spostare l'attenzione dalle pulsioni alle modalità che riguardano poi le attitudini di base e le virtù, cioè i compiti evolutivi che ogni età della vita deve assolvere per mediare la forza delle pulsioni e intessere i rapporti sociali.

E' importante notare, oltre una possibile normativa insita nel concetto di virtù che qui l'interesse si sposta dagli istinti al filtro e al modellamento che le varie culture operano nel bambino. 

Il termine cultura è assai più adeguato nella prospettiva di Erikson di quello di società.

"Mentre è assolutamente chiaro ciò che deve accadere per tenere un bambino in vita e ciò che non deve accadere per non metterlo in pericolo, un margine di arbitrarietà crescente con lo stesso sviluppo è lasciato a ciò che può accadergli. 

Le varie culture cioè fanno largo uso delle loro prerogative per decidere ciò che esse considerano come possibile e ritengono necessario."