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"Pierre and Yuri" di Herb Ritts - 1999 |
L'ansia, in qualunque forma essa si presenti, deve
essersi formata per successivi condizionamenti a partire da quella serie
condizionata di riflessi che costituisce la risposta innata alla caduta.
Anche
una minima eccitazione del ramo vestibolare del nervo uditivo, è accompagnata
da un aumento di tono dei flessori, da un arresto del respiro e da
un'accelerazione del polso.
In ogni riflesso si può distinguere la stessa
successione di fasi: la reazione immediata che annulla o riduce l'effetto dello
stimolo, e l'effetto successivo che, in generale, tende a eliminare
l'alterazione prodotta dalla reazione nell'organismo per riportarlo allo stato
originale.
Allo stesso modo lo stimolo della caduta produce una perturbazione
che mette in azione tutti i riflessi di raddrizzamento. Importante da notare è
che le sensazioni di paura e ansia dovute alla perturbazione della regione
diaframmatica e cardiaca, sono effettivamente smorzate dal perdurare della contrazione
generalizzata dei flessori, e in particolare di quelli della regione
addominale.
Il corpo che cade contrae i flessori per impedire al
capo di sbattere contro il terreno e per rafforzare la colonna vertebrale
inarcandola. Nell'adulto, la stessa risposta gli fa abbassare la testa, lo fa
rattrappire, gli fa piegare le ginocchia e arrestare il respiro. Gli arti
vengono portati più vicini al corpo, davanti alle viscere, prive di protezione.
Questo atteggiamento offre la miglior protezione possibile, e infonde un senso
di sicurezza. Le contrazioni dei flessori, se mantenute, servono a ripristinare
il normale stato di calma.
“Il modello di contrazione dei flessori è ripristinato
ogni volta che l'individuo ritorna all'auto-protezione passiva, o perché gli mancano
i mezzi di resistenza attiva, o perché dubita della propria capacità di
difendersi attivamente. I muscoli estensori, o antigravitari, sono per forza
inibiti parzialmente. Secondo la mia personale osservazione, tutti gli
individui classificati come introversi hanno una qualche abituale rigidità
degli estensori; perciò o la testa, o le articolazioni dell'anca sporgono in
avanti più del normale; la persona gira su stessa con movimenti indiretti e
tortuosi, e non nel modo più semplice e diretto. Gli estroversi hanno invece
una postura e un'andatura più erette” (Feldenkrais M., Il corpo e il comportamento maturo sul sesso, l'ansia e la forza di gravità, 1996)
La contrazione muscolare, controllabile con la
volontà, dà un senso di potere e di controllo sulle sensazioni e sulle
emozioni. A ogni stato emotivo corrisponde un personale schema condizionato di
contrazioni muscolari, senza il quale tale stato emotivo non esisterebbe.
E'
raro vedere bambini piccoli con il capo mal bilanciato, in essi non c'è
interferenza volontaria nel controllo muscolare, e in tutti il capo è equilibrato.
Ripetuti turbamenti emotivi condizionano il bambino ad adottare atteggiamenti
che gli procurano un senso di sicurezza e gli permettono di alleviare l'ansia.
Questa sicurezza passiva è indotta dalla contrazione dei flessori e
dall'inibizione degli estensori. Perciò in tutte le persone che soffrono di
disturbi emotivi si osservano direttive atte a inibire gli estensori. A lungo
andare ciò diventa abituale e passa inosservato, ma finisce per influenzare
l'intero carattere. Gli estensori parzialmente inibiti si indeboliscono,
l'articolazione dell'anca si flette e il capo sporge in avanti.
Il rinforzo a
questo atteggiamento è che il capo sporgendo in avanti assume anche significato
di sfida e quindi di negazione della paura. Le gambe ritratte danno all'incedere
un carattere di leggerezza e incertezza, dovuto alla contrazione dei muscoli
dell'anca che sollevano parzialmente la parte posteriore del piede.
L'individuo, in questo modo, si trova incastrato tra l'essere spaventato e
negare di esserlo, in una condizione che Alexander Lowen chiamerebbe fissazione
(hang-up).
Ogni individuo potrebbe trovarsi, prima o poi, in una
condizione del genere. Anche lo psicoterapeuta. Il punto di fissazione dello
psicoterapeuta potrebbe essere risvegliato dal punto di fissazione del
paziente, per effetto di contiguità.
Se lo psicoterapeuta ha imparato dal
proprio dolore e allenato la capacità alla resa e all’abbandono ai bisogni del
corpo, avrà maggiori possibilità di essere disponibile alla cura del paziente
perché, in fin dei conti, ha già accettato la cura di se stesso.
La discesa nelle profondità dell’inconscio e della
sofferenza propria e del paziente, potranno somigliare ad una caduta, con le
relative risposte neuro-vegetative. L’ansia e la vertigine controtransferale si
potrebbero popolare di scene della vita privata del terapeuta e l’angoscia
potrebbe alimentare difese quali la razionalizzazione, la scissione, lo
spostamento, ecc.
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Selfie-extreme di Kirill Oreshkin |
A questo punto è utile tornare al corpo per ricostruire il
senso del procedimento terapeutico:
“Per chi è malato il mondo perde la sua fisionomia
perché diminuisce, se addirittura non si interrompe, quel dialogo tra corpo e
mondo grazie al quale le cose si caricavano delle intenzioni del corpo e il
corpo raccoglieva quei sensi che erano genericamente diffusi tra le cose. Ora a
far senso non è più il mondo, ma il corpo che la malattia trasforma da soggetto
di intenzioni a oggetto d’attenzione” (Galimberti U., Il corpo, 1983).