![]() |
"L'estasi di San Francesco" di Michelangelo Merisi detto Caravaggio - 1595 |
“Quando
ricevo l’odio o l’amore del paziente, mi accorgo di sentirli prima di tutto
nelle diverse parti del corpo: variazioni o disturbi della dinamica
respiratoria, per esempio, tensione degli arti inferiori, eccetera. L’emozione
portata dal paziente prima di tutto tocca al livello corporeo. Lo psicotico si
distingue dal nevrotico perché porta agli estremi un vero e proprio bisogno di
emozionare il terapeuta. Chi più chi meno, però, tutti i pazienti, soprattutto
quando stanno affrontando i loro conflitti più gravi, testano il terapeuta come
contenitore di quelle emozioni (di quelle parti del sé) che loro hanno il
terrore di non saper contenere” (Speziale-Bagliacca R., The capacity to contain, Journal Psycho-Analytic, 1991)
In
questi casi, se il baricentro del terapeuta è abbastanza basso e se la respirazione costo-diaframmatica e il suo Sé psico-corporeo hanno raggiunto una sufficiente coesione e tenuta nei confronti degli affetti, gli
permetteranno di sentirsi sufficientemente equipaggiato per accettare dentro di
sé le violente emozioni che altrimenti il paziente tenderà a far esplodere
contro il terapeuta o a scindere e a vivere altrove.
“L’affinamento
delle capacità di prendere dentro di sé, anche corporalmente, allargherà lo
spettro degli stimoli percepiti e si tradurrà in interpretazioni e interventi
più pertinenti, modulati e sensibili” (Downing G., Il corpo e la parola, 1995)
Per
poter avere una migliore percezione del proprio controtransfert, è determinante
che il terapeuta si sintonizzi sulla propria respirazione e che rimanga su di
essa, ai margini della propria coscienza, mentre ascolta le parole del paziente.
Con questo e altri espedienti analoghi, il corpo riesce ad alimentare un flusso
di sottili segnali aggiuntivi; questi possono essere ulteriormente amplificati
in qualsiasi momento lo si giudichi opportuno.
Speziale-Bagliacca (1991)
osserva che far entrare in azione il corpo in questa forma comporta un
particolare rapporto con il tempo. Spesso, quando il dialogo terapeutico
avviene anche al livello corporeo, risultano più chiare le ragioni per cui
occorre seguire una certa gradualità, una registrazione degli incrementi
successivi. Talvolta bisogna saper attendere mentre dentro di noi si sviluppa
qualcosa.
![]() |
"Intreatment" serie televisiva - versione U.S.A. |
Il
controtransfert può trasformarsi in ogni momento in un labirinto, in un
groviglio di potenziale confusione. Ma la consapevolezza della sua presenza e
la comprensione dei dettagli dello stato interiore che sta emergendo, continuano comunque a essere compiti difficili da svolgere:
“Sembra
infatti che una proprietà intrinseca del controtransfert sia di intorpidire la
sensibilità del terapeuta” (Downing G., 1995)
E’
facile che egli avverta solo in forma diffusa, globale, anche le emozioni più
intense e che tenda a evitare ogni percezione sensoriale definita. Di qui la
grande e potenziale utilità del livello corporeo del controtransfert e il
valore conoscitivo e terapeutico del suo approfondimento.
Una reazione corporea
è sempre presente in un controtransfert terapeutico, tuttavia essa è spesso
percepita vagamente. Il terapeuta può essere tentato di non dare attenzione a
ciò che percepisce vagamente in sé.
Altre volte può notare appena queste
variazioni corporee ma non seguirne l’intero sviluppo. Ma il corpo è un grande
veicolo di informazioni e una fonte di discernimento e insight che, se non
sufficientemente ascoltata, potrebbe lasciare nell’oscurità gli aspetti più
intimi della relazione tra paziente e terapeuta.
Paul
Schilder (1922) fu tra i primi a parlare di un controtransfert indotto, dal
paziente nel terapeuta, quando ascoltò i propri sentimenti in una seduta di
ipnosi con un paziente masochista:
“… Ho
sentito nascere in me sentimenti e reazioni decisamente sadiche” (Schilder P., Immagine di
sé e schema corporeo, 1986)
![]() |
Paul Schilder |
L’anticipo
sui tempi degli scritti di Schilder sul controtransfert (bisognerà aspettare
Racker e il 1968, per una trattazione esaustiva sull’argomento) sembra sia
dovuto alla sua capacità di esercitarsi a lungo sull’osservazione del flusso e
dei mutamenti della propria esperienza corporea.
Questa capacità di
sintonizzazione sembra essere decisiva per un accesso più agevole alle
sfumature degli stati di controtransfert.
Anche
altri contributi furono relativamente ignorati, come quello di Georg Groddeck,
nonostante Freud avesse da lui già preso il concetto di Es.
Groddeck (1923)
parla di una sua paziente che si era comportata come una bambina di tre anni e
come ciò avesse interagito con la propria tendenza a comportarsi in modo
genitoriale:
“Mi
aveva costretto a fare la parte della madre. Quindi mi trovai di fronte a una
situazione strana e nuova. Non ero io a curare lei, ma lei a curare me. L’Es
del mio prossimo cercava di trasformare il mio Es, anzi lo trasformava
effettivamente, in modo da potersene servire per i suoi scopi” (Groddeck, G., Il libro
dell’Es, 1966)