"Se vuoi capire il carattere di una persona
guarda come tratta quelli di cui non ha bisogno"
(Malcolm Forbes)
Le prime sedute della psicoterapia furono caratterizzate dalla necessità di realizzare un certo equilibrio tra la rivendicazione di diritti, che il paziente riteneva sacrosanti in base alla valutazione delle sue capacità e la ricompensa che si basava sulla sua produttività. Le sedute erano settimanali e duravano cinquanta minuti.
All’inizio della seduta il paziente non mancava di ricordare quant’era buono e quanto lo sottovalutavano. Illustrò bene il suo caso.
Il linguaggio era fluente e le parole scelte con proprietà; la sua critica ai rapporti tra datore di lavoro e dipendenti e l’analisi del suo direttore erano ben argomentate, anche se non aveva sentore della lotta che comporta qualsiasi tentativo di sviluppare una piccola azienda; mostrava un esagerato narcisismo e mancava di sensibilità per i problemi altrui.
È interessante a questo punto analizzare la struttura fisica del paziente. Aveva una figura ben sviluppata ed era leggermente più alto della media e ben proporzionato.
L’elemento di maggiore disturbo nel suo aspetto fisico era lo sterno depresso, con una protuberanza nelle costole inferiori che ricordava un petto di pollo; i muscoli pettorali erano prominenti e parevano ipertrofizzati.
Le spalle erano sollevate, il collo più sottile di quanto si possa immaginare in una struttura fisica di questo genere; la testa e il viso erano regolari, senza distorsioni evidenti; il diaframma era sollevato e contratto, e ciò probabilmente spiegava la protuberanza delle costole inferiori.
Il ventre era piatto e pareva come privo di pienezza; le gambe non sembravano particolarmente deboli.
I movimenti respiratori erano limitati al torace, che appariva mobile, mentre le spalle non partecipavano a questi movimenti.
Né l’inspirazione né l’espirazione coinvolgevano l’addome in misura visibile; il diaframma manteneva la sua posizione contratta. Una forte estensione delle braccia produceva notevoli tremori nelle spalle, nel collo e nella testa.
Nell’atto di percuotere i cuscini, sul suo volto compariva una ben definita espressione di collera: i denti erano scoperti, le narici e gli occhi dilatati.
I colpi mancavano tuttavia di risonanza e il paziente saltava ogni volta che ne sferrava uno.
Le spalle, le braccia e il corpo si muovevano come un pezzo unico, quasi fossero congelati insieme. Era evidente che un anello di tensione estremamente forte circondava il corpo all’altezza del cingolo scapolare.
Ciò era particolarmente evidente nella tensione dei muscoli pettorali.
Se era facile provocare l’ira del paziente invitandolo a picchiare, l’emozione non persisteva a lungo.
Dopo pochi movimenti egli restava senza fiato, affannato e stanco e non di rado l’atto di colpire provocava sentimenti di impotenza e si concludeva nel pianto.
Era giustificato diagnosticare la presenza di oralità per il susseguirsi di periodi di depressione. Si poteva addirittura definire orale la struttura caratteriale complessiva.
Ciò significa che il modello dominante di comportamento è determinato da tendenze orali. Da una parte abbiamo le osservazioni del paziente sui sentimenti, radicati in profondità, di solitudine, di delusione e d’impotenza; dall’altra c’è il narcisismo, l’evidente bisogno di attenzione e di approvazione e il desiderio di essere nutrito.
Il paziente ammise che in un certo periodo della sua vita era stato un mangiatore ingordo e piuttosto grasso.
Prioritaria è la questione della mancanza di successo nel lavoro. In genere si rileva in questi caratteri un’incapacità a conservare un lavoro per un certo periodo di tempo.
Non di rado questo atteggiamento si trasforma in ribellione contro la necessità di lavorare oppure, più comunemente, contro le prestazioni che l’impiego richiede.
Il mio paziente mostrava chiaramente questo atteggiamento. Eppure l’alternativa al lavoro, come potei fargli notare sulla base della sua esperienza, era la depressione.
Per quanto gli risultasse difficile, dati i suoi problemi, soddisfare le richieste della realtà, non c’era altra via d’uscita. Dovette ammettere, settimana dopo settimana, nel corso della terapia che, nonostante i suoi risentimenti e le sue lamentele, lavorando si sentiva meglio di prima.
Di aiuto enorme fu la terapia fisica che tendeva ad allentare le tensioni, a migliorare la respirazione e ad aumentare il suo potenziale energetico. Sotto questo aspetto era un paziente che collaborava moltissimo, e percuoteva i cuscini finché non aveva fiato.
Gradualmente la sua capacità vitale aumentò e fu in grado di affrontare un’attività continuativa per periodi più lunghi.