"Il silenzio è una delle grandi arti della conversazione"
(William Hazlitt)
"Il linguaggio interiore non è un aspetto privato del linguaggio esterno, è una funzione a parte.
E' spesso privo di grammatica, condensato, capriccioso, volgare, irripetibile.
Perché la sua funzione non è quella di comunicare" (Vygotskij)
Questa forma curiosa e non-lineare di linguaggio emotivo (come il parlottio del bambino che gioca) ha lo scopo di rappresentare e portare in vita il sentimento di Sé.
E' un tipo di attività necessaria per la creazione di una zona personale, ciò che è mio, come risultato del confronto dell'Io sul Tu interiore.
La psicoterapia si colloca nello spazio di contatto tra linguaggio esterno e dialogo interno.
Distinto e formato il nucleo di contatto e creato lo spazio di un'elaborazione, nella psicoterapia il linguaggio interiore scompare nella sua forma non-lineare.
Il terapeuta avverte il completamento di questo passaggio quando ha la sensazione di contenere un segreto del paziente, oppure ha una memoria più precisa sui fatti del paziente.
L'esperienza di questo flusso costante di coscienza, riguardo all'altro e alle sue emozioni personali, è il segnale che il locus del Sé terapeutico è stato interiorizzato.
La forma non-lineare del linguaggio è ora il linguaggio della vita interiore e può essere considerato il linguaggio del Sé.
Il terapeuta forma una sua teoria del controtransfert al paziente e stabilisce un attaccamento sicuro.
Come nel processo che Fonagy e Target chiamano di mentalizzazione, la sicurezza che il terapeuta raggiunge nei confronti dei propri vissuti riguardo al paziente, permette la formazione di un Sè terapeutico.
Baldwin considera lo sviluppo del Sè un processo di duplicazione, costituito in origine da un ego e da un alter.
Quest'ultimo viene interiorizzato in un processo di riverberi in cui viene assunto e ricreato; il processo viene così a culminare nella formazione di un Sè bipolare.
A questo punto dell'evoluzione del rapporto terapeutico i due linguaggi si coordinano e i dialoghi fatti in seduta sono una miscela di entrambi.
A questo punto dell'evoluzione del rapporto terapeutico i due linguaggi si coordinano e i dialoghi fatti in seduta sono una miscela di entrambi.
Il gioco simbolico che il terapeuta fa con la propria risposta controtransferale è un campo metaforico che sorge fra le due persone.
Il Sè non è solo interiore ma si trova e si manifesta in questo campo metaforico della seduta.
Il me stesso che è l'intero dell'esperienza psico-corporea del terapeuta esprime sia l'esperienza interiore, sia l’esperienza vissuta tra il me e il paziente: me stesso è dentro e in mezzo.
"Riesco a trovare me stesso solo dentro e fra me e i miei simili, nella conversazione umana" (Hobson)
L'attività che si mostra nella forma di linguaggio ha uno scopo che va oltre la trasformazione degli oggetti alieni dell'altro in qualcosa di mio.
Questi oggetti del mondo non-mio sono slegati l'un l'altro.
Il modo nel quale vengono collegati o coagulati nell'esperienza del terapeuta è un processo molto articolato.
E' un problema che nelle neuroscienze, rivolte all'età evolutiva, viene chiamato il problema del legante.
Affermare che il legante dell'esperienza del terapeuta è l'unicità della fonte delle informazioni, cioè il paziente, risolve solo in parte il problema: solo quella parte che riguarda la reazione cosciente del terapeuta al paziente, cioè la parte del linguaggio lineare dell'adattamento all'altro.
La questione che rimane aperta riguarda il linguaggio non-lineare del Sè terapeutico, dove discontinuità e frammentazione sono ingenti e dove i dati sensoriali discreti e separati che il terapeuta riceve, subiscono una continua unificazione.
Studi condotti da Tom Bower mostrano che l'esistenza del bambino è costituita da una moltitudine di spazi.
Bower verificò l'ipotesi di Piaget secondo cui, per il bambino, l'identità degli oggetti è creata o dalla loro posizione o dal loro movimento.
Certo non pensano la contraddizione, ma adottano successive credenze, che se confrontate, sarebbero contraddittorie" (Piaget)