Vergogna e dis-regolazione fisiologica


 

"Chi chiami cattivo?
Chi mira soltanto a incutere vergogna"
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)



La vergogna comporta un pericolo per l'organismo. Quello di essere stato espulso dalla connessione sociale. 

"L’esclusione sociale è dolorosa e stimola le stesse aree del cervello che si attivano quando si sperimenta dolore fisico." (Cozolino) 

A piccole dosi, la vergogna può essere utile nello sviluppo di una coscienza e di un senso di responsabilità sociale. 

E' un sentimento potente con una larga base fisiologica, l’eccessivo ricorso ad essa può però predisporre il bambino a problemi nella regolazione affettiva e nell’identità di sé. 

Schore differenzia la vergogna dal fenomeno della colpa, che si manifesta successivamente. 

La colpa è una reazione più complessa, basata sul linguaggio e meno viscerale, che si verifica in un ragionamento sociale più ampio che il soggetto compie.

La colpa è più strettamente legata a comportamenti inaccettabili mentre la vergogna è un’emozione riguardante il Sé, che viene interiorizzata prima che sia sviluppata la capacità di distinguere tra l’azione e il Sé. 

Si può agire per alleviare la colpa ma la vergogna non offre scampo. 

La vergogna è essenzialmente la reazione emozionale alla perdita di sintonizzazione con la figura di accudimento. 

La forza della vergogna proviene dall’esperienza di sintonizzazione percepita come fondamentale per la vita. Per i giovani primati, separazione e rifiuto equivalgono alla morte. 

Ripetuti e prolungati stati di vergogna portano alla dis-regolazione fisiologica che influenza negativamente lo sviluppo di reti affettive e di circuiti di attaccamento.

Il ritorno da stati di vergogna a stati di sintonizzazione con il genitore ripristina un equilibrio del funzionamento autonomo, sostiene la regolazione affettiva e contribuisce al graduale sviluppo dell’autoregolazione. 

Il ripetuto e rapido passaggio dalla vergogna a stati di sintonizzazione si consolida nell’aspettativa di un risultato positivo durante le interazioni sociali difficili. 

Queste ripetute riparazioni sono conservate come memorie viscerali, sensoriali e motorie a tutti i livelli del sistema nervoso centrale, rendendo l’interiorizzazione di un accudimento genitoriale positivo un’esperienza pienamente corporea.   

La vergogna è rappresentata fisiologicamente da un veloce passaggio da uno stato affettivo positivo a uno negativo e da una dominanza del sistema neuro-vegetativo parasimpatico a quello simpatico, cioè lo schema attacco/fuga. 

"Questo passaggio è innescato dall’aspettativa di sintonizzazione in uno stato positivo che trova però disapprovazione e mancata sintonizzazione nella faccia della figura di accudimento." (Schore) 

Una persona che si vergogna guarda in basso, china la testa e curva le spalle. Questo stato di sottomissione non è dissimile da quello di un cane quando inarca la schiena, infila la coda tra le zampe e si allontana furtivamente. 

Simili posture riflettono perdita, disperazione e sottomissione in tutti gli animali sociali.

Poiché la vergogna è neuro-biologicamente tossica per i bambini più grandi, queste prime esperienze pre-verbali possono avere effetti duraturi lungo tutto il corso della vita. 

Stati di vergogna prolungati nei primi periodi di vita possono portare a un funzionamento autonomo sregolato e a un intensificato senso di poter essere feriti dagli altri. 

Quando i genitori usano la vergogna come strumento educativo fanno sentire i propri figli ansiosi, dis-regolati e spaventati per la propria sicurezza fisica e mentale. 

Uno stato del genere prolungato nel tempo ha effetti sostanziali sull'equilibrio del soggetto e sul suo adattamento creativo. 

Crescendo, questo tipo di bambino percepirà intorno a sé continuamente le critiche, il rifiuto e l'abbandono. La sua vita tenderà a essere caratterizzata da ansia cronica, esaurimento, depressione e da un disperato desiderio di raggiungere la perfezione.