Nascita dell'ideale

 





"L'uomo è ciò in cui crede, quindi diventa ciò che crede di essere"
(Buddha)



Il mito del padre eleva l'individuo a creatore del mondo, generatore di tutti i figli. 

Nella leggenda della prima massa, l'orda primordiale, i figli si riunirono e lo uccisero. 

Nessuno dei figli poté mettersi al suo posto o se uno di essi lo fece, le lotte si rinnovarono fin quando compresero tutti quanti che dovevano rinunciare a succedere al padre. 

Formarono la comunità totemica dei fratelli, tutti con uguali diritti e legati dai tabù tesi a espiare il ricordo dell'uccisione.

A poco a poco gli associati nella massa dei fratelli giunsero a ripristinare, a un nuovo livello, l'antico stato di cose: il maschio divenne nuovamente capo di una famiglia e infranse i privilegi del matriarcato affermatosi nel periodo senza padre.

Come indennizzo poté riconoscere le divinità materne, i cui sacerdoti vennero evirati a tutela della madre secondo l'esempio che era stato dato dal padre dell'orda primigenia; ma la nuova famiglia fu soltanto l'ombra di quella antica, i padri erano molti e ognuno di essi era limitato dai diritti degli altri.

La privazione poté indurre uno dei singoli a svincolarsi dalla massa e a trasporsi nel ruolo del padre. 

Colui che fece questo fu il primo poeta epico, il passaggio ebbe luogo nella sua fantasia. 

Il poeta contraffece la realtà accordandola alla propria nostalgia. Inventò il mito eroico. Fu eroe colui che da solo aveva ucciso il padre che nel mito comparirà ancora come mostro totemico. 

Come il padre era stato il primo ideale del bimbo maschio, così ora nell'eroe, che vuole sostituire il padre, il poeta creò il primo ideale dell'Io

L'anello di congiunzione con l'eroe venne probabilmente fornito dal figlio ultimo genito, quello prediletto dalla madre, che lei aveva protetto contro la gelosia paterna e che ai tempi dell'orda primordiale era divenuto il successore del padre.

Nella falsa rielaborazione poetica dell'epoca primitiva la donna, che costituiva il premio della lotta e l'allettamento a uccidere, divenne seduttrice e l'istigatrice del misfatto.

L'eroe pretende di aver compiuto da solo l'atto, che certamente solo l'orda nel suo insieme poté compiere. Stando tuttavia a un'osservazione di Otto Rank (1922), le fiabe hanno conservato tracce evidenti dello stato di cose sconfessato. 

In esse infatti accade spesso che l'eroe che deve assolvere un compito gravoso – perlopiù un ultimo genito, non di rado uno che di fronte alla figura paterna si è posto come uno stolto, ossia come non pericoloso – possa però assolvere tale compito solo con l'aiuto di un gruppo di animaletti (api, formiche, topi). 

Questi sarebbero i fratelli dell'orda primitiva, così come anche nella simbologia onirica gli insetti, i parassiti indicano i fratelli (con disprezzo in quanto bambini piccoli). 

Nel mito e nella favola ognuno dei compiti è inoltre facilmente riconoscibile come sostituto dell'atto eroico.

Il mito è il passo con cui il singolo esce dalla psicologia collettiva. 

La menzogna del mito eroico culmina nella divinizzazione dell'eroe. Forse l'eroe divinizzato fu anteriore al dio padre, fu il precursore del ritorno del padre primordiale sotto forma di divinità. 

La successione degli dei sarebbe quindi cronologicamente questa: dea madre, eroe, dio padre. 

Soltanto con l'elevazione del padre primigenio la divinità acquisì le caratteristiche che ancora oggi riconosciamo in essa.