Colpa, vergogna e sintomo


 "Poiché nessuno pensa che le sue sventure possano essere attribuite 

a una sua pochezza, ecco che dovrà individuare un colpevole"

(Umberto Eco)


"Inizio della salvezza è la conoscenza della colpa"

(Lucio Anneo Seneca)



L’individuo Resistente all’Accesso al Trattamento (RAT) si difende contro ogni esperienza terapeutica. 

Nel caso della psicoterapia la resistenza può riguardare l’ammissione della presenza di un sintomo nevrotico che confligge con qualche formazione culturale, religiosa, morale. 

In questi casi il locus del sintomo è inconsciamente confuso con quello del peccato, del vizio e della colpa.

"Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori".

Rimettere è una declinazione di remissione: togliere, ritirare, rimuovere, condonare.
In remissione dei vostri peccati, in remissione dei debiti.

Colui che prega invoca il perdono e la rimozione dei debiti, dei peccati. Forme alternative di una qualche colpa.

Nella cultura contemporanea, risultato anche della cultura religiosa, il sintomo è forse intimamente percepito come la commissione di un peccato?

E l’analisi del sintomo è forse l’ammissione di una colpa?

Come deviazione da un processo naturale, il sintomo e la malattia, sono vissuti come una procedura innaturale, peccaminosa e viziosa?
Intimamente la malattia è vissuta come una colpa?

Se per malattia s’intende il disagio e la sofferenza, colpevole è colui/colei che prova disagio e sofferenza?

Uno strato profondo dell’individuo probabilmente associa i vissuti di colpa con i comportamenti nevrotici, sovrapponendo l’ammissione di un sintomo con la confessione di un peccato.

Il lavoro clinico riporta spesso la commistione di questi due livelli nell’esperienza del paziente. 

Per molti individui iniziare o proseguire un trattamento psicoterapeutico è inestricabilmente legato a un vissuto di colpa, connesso alla presenza di un qualche sintomo: ansia, panico, insuccesso sociale, mancanza di controllo, addirittura il nubilato per alcune pazienti.

La mente archetipica del soggetto registra la sofferenza come la misura della punizione per non aver seguito il Giusto e il Bene, la Retta Via.

L’assenza di benessere, o di felicità nei casi più idealistici, è la prova, il segno, il sintomo di una deviazione arbitraria erronea dell’individuo, frutto di una sua incapacità, della sua cattiveria o di un suo vizio di cui l’ansia, il disagio e lo smarrimento sono la condizione tangibile e l’ammissione di colpa.

Proviamo a risalire dal sintomo nevrotico percepito dall’individuo, seguendo le diagnosi del Manuale Diagnostico Statistico (DSM), fino allo specifico vizio/peccato che il suo inconscio ci aggancia, rendendo vergognosa la presenza del sintomo, difendendosene e innescando la 

Resistenza all’Accesso al Trattamento Psicoterapeutico (RATraPsy):

Sento di essere speciale”, sintomo narcisistico: Superbia

Provo invidia o penso che gli altri m’invidino”, sintomo narcisistico: Invidia

Sono impulsivo nel comportamento sessuale”, sintomo borderline: Lussuria

Sono impulsivo nel comportamento alimentare”, sintomo borderline: Gola

Provo spesso rabbia e ho difficoltà a controllarla”, sintomo borderline: Ira

Il denaro va accumulato in previsione di una catastrofe”, sintomo ossessivo: Avarizia

Provo piacere in poche attività”, sintomo schizoide: Accidia

E’ possibile che il soggetto sofferente associ inconsciamente la presenza di un sintomo tra quelli sopra elencati con il vizio capitale corrispondente e si guardi bene dal far accedere tutto questo alla coscienza.

L’individuo RAT tenta di rimuovere il sintomo autonomamente, inseguendo un desiderio di salvezza senza coscienza e senza responsabilità personale, codificato nella preghiera:
E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen