Dal gruppo alla parola



 "Chi annoia gli altri con le sue parole vuole essere lasciato in pace" (Frederick Perls)



Come insieme che genera una forma il gruppo è il luogo della crescita. 

Le capacità professionali, i requisiti personali e le attitudini relazionali vengono amplificati dai processi gruppali ed evolvono inesorabilmente verso una definizione.

"Il legame associativo attraverso il quale si forma il gruppo si basa su due processi combinati: un processo di cooperazione nella realizzazione di un'intenzionalità collettiva; un processo di fissazione e di stabilizzazione dei contenuti di pensiero delle persone impegnate nell'azione collettiva, che crea un grado di sapere reciproco necessario al processo precedente." (Trognon)

Il gruppo attende ad una comunicazione esplicativa di accadimenti esterni che introduca nel suo perimetro elementi strutturanti. 

L'individuo contribuisce alla collettività e l'espressione della somma dei contributi definisce una nuova qualità relazionale. 

L'insieme ritorna al singolo sotto forma di attitudine alla partecipazione e alla condivisione. 

Nel gruppo questi atteggiamenti raggiungono la soglia della percezione per effetto della proliferazione dei processi di auto-rappresentazione del soggetto. 

Il membro del gruppo processa la sua esperienza tante volte quanti sono gli altri membri del gruppo, più uno (l'entità gruppo). 

L'entità costituita dal nuovo insieme è il processo primario, iniziale e imprescindibile che consente il confronto e il dibattimento inter-soggettivo.

Nello scenario gruppale, l'intra-soggettivo (con il quale non intendo esclusivamente l'intra-psichico, ma anche e soprattutto l'intra-corporeo, riconoscendo al gruppo la capacità di attivare condizioni fisiche e fisiologiche, oltre a stati psichici connotati, che rendono il vissuto particolarmente riconoscibile) assume valore di luogo

La definizione, che accoglie il pensiero che il soggetto possa diventare contenitore, non del gruppo ma della gruppalità, esprime l'idea che il volume dell'intra-soggettivo funga da spazio-parlante

Nell'etimologia incerta di luogo, dal latino locu, e dalla stessa incertezza sul termine latino locutus, che è la radice etimologica di locuzione, il luogo che l'intra-soggettivo occupa nel gruppo ha un'identità locutiva: quella di produrre enunciati dotati di senso. 

Il locutore (il parlante) è il luogo della gruppalità e il locus è la posizione fissa che occupa nel gruppo (locus, da locu, indica la posizione fissa che un determinato gene occupa sul cromosoma). 

La sequenza dei locus, la con-catenazione degli eventi verbali e la definizione del ritmo in un tempo del gruppo, introduce la narrazione e il dialogo, intra-soggetto e inter-soggetto. 

Afferma Fritz Perls (Gestalt Therapy) che è utile pensare alla personalità come una struttura di abitudini di parola e come un atto creativo che si manifesta tra i due e i tre anni di età. 

La maggior parte del pensiero è costituito da un discorso subvocale; le convinzioni fondamentali sono delle abitudini di sintassi e di stile e quasi tutte le valutazioni che non sorgono direttamente dagli appetiti organici sono un insieme di atteggiamenti retorici. 

Sin dall'antichità i filosofi hanno sostenuto che l'educazione è principalmente l'imparare il linguaggio e la scrittura, cioè grammatica, retorica e dialettica. 

L'autore immagina una successione: 
1. rapporti pre-varbali sociali dell'organismo; 
2. formazione di una personalità verbale nel campo organismo/ambiente; 
3. rapporti conseguenti di questa personalità con gli altri. 

Quando un gruppo, inserito in una cultura simbolica come la nostra che non facilita il contatto e l'affetto, è stato disturbato nella sua crescita da una prematura pacificazione dei conflitti, spesso produce norme alienanti e personalità verbalizzanti. 

La personalità verbalizzante, secondo Perls, produce un linguaggio insensibile, prolisso, privo di affetto, monotono, stereotipato nel contenuto, inflessibile nell'atteggiamento retorico, meccanico nella sintassi e senza significato. 

L'atto del parlare, separato dalle proprie regole come attività vitale, può facilmente diventare oggetto di un inganno. 

Una persona crede di sentire o fare qualcosa, mentre invece parla o pensa di sentire o fare quella cosa.  In questo caso la verbalizzazione serve da sostituto dell'esperienza. 

E' importante notare come il verbalizzatore parla. 

Parlare costituisce un contatto quando crea una buona struttura delle tre persone grammaticali io, tu ed esso, cioè il parlatore, colui a cui parla e la questione di cui si parla. 

Queste tre persone rappresentano: 
1. lo stile e il ritmo, l'animazione e il tono che esprimono il bisogno di colui che parla; 
2. l'atteggiamento retorico nella situazione interpersonale (insegnare, sedurre, costringere); 
3. il contenuto o la verità, come dice Perls, riguardo alle cose di cui si parla. 

Il verbalizzatore manifesta una rigidità e una fissazione rispetto alle tre persone grammaticali e produce uno stereotipo che riduce le possibilità della situazione gruppale, mantenendo solo quella porzione sufficiente a mantenere un ruolo sociale e ad evitare l'angoscia e l'imbarazzo del silenzio, della rivelazione o dell'autoaffermazione (pensiero 2 ed esercizio della consapevolezza in Armstrong). 

Mimetizzandosi tra gli aspetti comunicativi e di espressione del parlare, la verbalizzazione protegge l'isolamento del verbalizzatore dall'ambiente.