Diagrammi di un'incertezza

 




"Un lieve colore è il mio movimento"
(Else Lasker-Schuler)



Qualcosa d’incerto rende il corpo umano precario nel suo rapporto col mondo. A differenza dell'animale sempre sicuro e adeguato, l'uomo è turbato dalla coscienza.

"Il movimento umano è trattenuto se non addirittura intralciato dalla riflessione della coscienza che nella motricità fa la sua comparsa." (Von Kleist H., Il Teatro delle Marionette)

Ogni movimento del nostro corpo stabilisce un contatto col mondo e risente del suo effetto che incrina la spontaneità e l’immediatezza del movimento nel suo sviluppo.

Questa impercettibile crisi, che chiede al corpo una rielaborazione del messaggio del mondo e una modificazione del movimento successivo, a partire dalla qualità del messaggio ricevuto, è "l’origine della coscienzache compare nel movimento come incrinatura del suo fluire spontaneo" (Galimberti)

Ogni atto motorio è agito e avvertito. Questo autoavvertimento (propriocezione), in cui risuona la risposta del mondo, origina la coscienza come interruzione e ripresa della fluidità motoria.

Questa fluidità, che siamo abituati a chiamare grazia, appare purissima.

"La grazia ce l’ha chi non ha nessuna coscienza o, al contrario, un’infinita coscienza, cioè nell’animale o in Dio, per i quali il mondo non costituisce nessuna sorpresa, perché, per l’animale si apre limitatamente alle possibilità iscritte nella sua motricità istintuale, e per Dio nell’onnipotenza di uno spazio senza incognite" (Von Kleist)

La crisi che turba la fluidità dell’atto motorio origina la coscienza come attesa che giudica in vista di un risultato, a partire dalla reazione ottenuta in risposta al primo atto motorio.

In quanto apprende dalla reazione ottenuta, la coscienza è memoria; in quanto organizza la motricità successiva in vista del risultato atteso, la coscienza è futuro e, muovendo dal futuro, ridefinisce l’intenzionalità motoria.

Prima di essere una prerogativa dell’apparato psichico, l’intenzionalità è già iscritta anche nel più elementare atto motorio, che è comunque sempre orientato, anche quando non è nota la sua attesa anticipatrice. 

Se chiamiamo gesto il movimento in cui è leggibile un’intenzionalità, allora dobbiamo dire che ogni movimento umano è gesto, e che la sua gestualità è il primo abito che riveste il corpo umano rendendolo originariamente espressivo.

L’espressione del corpo riflette lo scenario del mondo che si delinea dall’incontro e delle cose con i movimenti del corpo. 

Incontrando l’intenzionalità dei movimenti, le cose assumono l’aspetto che l’intenzionalità del movimento conferisce ad esse, e siccome non si ha conoscenza delle cose non raggiunte, l’uomo conosce solo le cose che sono raggiunte dall’intenzionalità della sua motricità.

La conoscenza oggettiva (nel senso letterale di ob-jectum, ciò che sta di fronte) ha le sue prime radici nella motricità che non conosce le cose in se stesse, ma appunto nella loro oggettività, nel loro star contro all’azione motoria che le avvicina e conferisce loro un significato.

Gli elementi di questo confronto compongono le trame della memoria, che una volta solidificata, elimina crisi e turbamento agevolando la motricità successiva che, grazie alla memoria, non ricade, come la motricità, nel cerchio chiuso della ripetizione.