Un giorno di precario equilibrio

 




"L'equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante" (Bertrand Russell)



La paura di abbandonarsi all’intensità della vita e lasciare che le più intime sensazioni possano invadere la coscienza è la condizione che induce ad elevare i livelli di controllo oltre la soglia dell'equilibrio.

La mente decodifica e organizza questa paura separandola in due tipi ben distinti: la paura di impazzire e quella di morire.

La paura della pazzia deriva da una consapevolezza subliminale che un eccesso di sentimenti potrebbe sopraffare il controllo dell’Io e sfociare nella pazzia.

Questa consapevolezza è collegata con l’esperienza infantile che le vessazioni, l’ostilità, la confusione e le manipolazioni subite in quell’età hanno portato quasi alla follia il bambino.

La paura della morte è connessa con un’esperienza molto precoce nella quale il bambino percepisce di poter morire per abbandono e incuria.

Questa esperienza è così sconvolgente per l’organismo da paralizzarlo nel terrore.

"La memoria del trauma è continuamente attiva nella corazza muscolare e modella la forma del corpo e lo stile dei comportamenti" (Reich)

La morte di fatto non avviene, il bambino recupera la normalità delle funzioni vegetative ma la memoria corporea non può essere cancellata, anche se viene rimossa dalla coscienza nell’interesse della sopravvivenza dell'organismo.

La memoria corporea permane in uno stato di tensione o di allarme nei tessuti e negli organi, soprattutto nella muscolatura.

Avendo vissuto l’esperienza di una minaccia contro la propria vita l’organismo non può ignorare il pericolo e la sua sopravvivenza dipende dal saper riconoscere la minaccia e soprattutto saperla anticipare.

"La capacità elaborativa del pensiero traduce il rapporto con la realtà e lo contiene all'interno di un'esperienza di Io-Pelle e della funzione di pelle mentale, capaci di fornire al soggetto autenticità e congruenza" (Anzieu)

Per individuare il grado di reale pericolo si deve rimanere in uno stato di attenzione o di tensione che si manifesta nell’atteggiamento del corpo. Osservando il corpo di una persona si può percepire il grado di paura.

Se il corpo è molto rigido si può dire che la persona ha una paura matta e non è semplicemente una metafora, è l’espressione letterale del corpo.

Se la rigidità o la tensione sono associate a una mancanza di vitalità nel corpo, si può dire che la persona è spaventata a morte.

"Una relazione non equilibrata con l'ambiente si può facilmente osservare nella geometria degli angoli dello scheletro: il soggetto nevrotico non tollerando l'energia potenziale caricata negli angoli acuti del suo assetto scheletrico, li apre in angoli ottusi privi di carica" (Feldenkrais)

In alcuni individui la tensione è evidente nell’area del torace, eccessivamente gonfio, che segnala l'attività di un panico rimosso dalla coscienza.

Molti individui non percepiscono in che misura sono spaventati, a meno che non siano minacciati dalla perdita dell’amore o della sicurezza.

Ma la paura è sempre lì, sotto la superficie, a inibire il sentimento e la vitalità del corpo.
L’individuo vive in una nevrosi percepita come trappola o mancanza di senso, oppure come una stagnazione dalla quale non riesce a uscire nonostante gli intensi sforzi.

Queste persone sono dei sopravvissuti che attraversano uno stretto passaggio tra l’eccesso di sentimento, associato alla paura della pazzia e la scarsità di sentimento, associato alla paura della morte.

"Ho riscontrato la paura della morte in tutti i miei pazienti che mostrano una profonda e inconscia resistenza ad approfondire la respirazione" (Lowen)