Separazione e formazione del simbolo




"Se si vuole che due s'amino, basta separarli(Johann Wolfgang Goethe)



In Lutto e melanconia (1915) Freud mostra come la perdita di un oggetto d’amore porti a un’identificazione con l’oggetto stesso e a una negazione della perdita.

Nel lutto è difficile accettare la realtà della perdita e Freud lo descrive nel linguaggio della teoria della libido, spiegando che l’attaccamento della libido all’oggetto d’amore perduto si trova di fronte alla prova della realtà.

Oggi che conosciamo il ruolo cruciale svolto dell’identificazione nel creare relazioni oggettuali, possiamo rivedere la formulazione di Freud pensandola più in termini di distacco di parti del Sé dall’oggetto che in termini di distacco della libido.

Quando viene applicato l’esame di realtà a ciascun ricordo dell’oggetto perduto, va affrontata la dolorosa ricognizione di ciò che appartiene all’oggetto e ciò che appartiene al Sé.

Queste differenziazioni sono eseguite attraverso il minuzioso lavoro del lutto, l’oggetto perduto viene considerato in modo più realistico e le parti del Sé precedentemente ripudiate sono gradualmente riconosciute come appartenenti al Sé.

Se c’è la possibilità di elaborare il lutto, l’individuo diventa più chiaramente consapevole di una separazione tra il Sé e l’oggetto e riconosce meglio che cosa appartiene al Sé e che cosa all’oggetto.

La conquista della separazione ha conseguenze di enorme importanza, perché si accompagna ad altri aspetti del funzionamento psichico che associamo alla posizione depressiva, tra i quali lo sviluppo del pensiero e la formazione dei simboli (Bion, 1962; Segal, 1957).

La capacità di riconoscere la realtà della perdita, che porta alla differenziazione del Sé dall’oggetto, è la questione cruciale che determina se il lutto può procedere verso una conclusione normale.

Ciò comporta dover rinunciare al controllo sull’oggetto e indica che dev’essere rovesciata la tendenza precedente, al possesso dell’oggetto e al diniego della realtà.

Nella fantasia inconscia ciò significa che l’individuo deve affrontare la propria realtà per proteggere l’oggetto.

La sua realtà psichica comprende il doversi rendere conto della catastrofe interna prodotta dal suo sadico attaccamento e la consapevolezza che il suo amore e i suoi desideri di riparazione sono insufficienti a preservare l’oggetto dalla morte. 

L’oggetto d’amore dev’essere lasciato andar via, con la conseguente afflizione, disperazione e senso di colpa.

Questi processi comportano un intenso dolore psichico e un conflitto, e portarli a termine entrambi è una delle funzioni del lutto. 

Ciò che vale per il lutto collegato alla perdita reale di una persona è essenzialmente vero anche per ogni esperienza di separazione, che a un livello primitivo è vissuta come perdita.

Così quando un bambino piccolo si trova di fronte a rifiuti e delusioni da parte della madre crede di averla perduta, e a causa dell’onnipotenza dei suoi pensieri, ha la fantasia che siano stati i suoi impulsi assassini ad ucciderla.

Se il bambino è in grado di affrontare la realtà psichica di questa perdita e di soffrire il dolore del lutto, può riprendere indietro le sue proiezioni. 

L’Io si rafforza e l’oggetto è interiorizzato in una forma meno alterata dall’identificazione.

In psicoterapia, un paziente che non è in grado di affrontare la separazione dai suoi oggetti d’amore, perché questa paura è mescolata con la paura di morire egli stesso, costituisce un ostacolo per la prosecuzione del lavoro terapeutico.

In psicoterapia si verificano rotture della continuità del lavoro, quando il terapeuta è ammalato o nei periodi di vacanza. 

Queste interruzioni rendono possibile lo studio dei processi di elaborazione del lutto, ma le stesse cose accadono ogni volta che il terapeuta è vissuto come indipendente e separato, capace di pensieri propri e il paziente deve affrontare la realtà della rinuncia al controllo possessivo del terapeuta. 

Spesso la capacità di pensare in modo autonomo è l’indice più significativo dell’autonomia del terapeuta. 

"Quando è possibile raggiungere una reale separazione, si verifica una certa quantità di elaborazione del lutto e una certa quantità di Sé rientra nell’Io, se l’Io si rafforza può essere instaurato un circolo virtuoso, e ha luogo una forma più flessibile e più reversibile di identificazione proiettiva" (Steiner J., 1993)