"Udir con gli occhi è finezza d'amore"
(William Shakespeare)
Il silenzio e il contatto, il non verbale e la coscienza.
"Il Sè è il confine di un contatto e la formazione continua di rapporti tra figura e sfondo" (Hefferline)
Se togliamo alla parola il suo potere evocativo e il suo carattere fluido, facciamo quello fa il verbalizzatore, che utilizza la parola come struttura e oggetto di identificazione.
"Egli è ciò che dice, non potendo dire ciò che egli è" (Perls)
In qualsiasi gruppo di persone l'identificazione del porta-parola con ciò che dice è un segnale di un discorso incompiuto sub-vocale del gruppo:
"Il metodo universalmente usato per proteggersi dalla disgrazia annunciata è quello di sopprimere lo stesso annunciatore" (Levy-Bruhl)
Nella maggioranza dei casi nei quali il porta-parola rimane l'enunciatore del discorso sub-vocale del gruppo, la sua figura è vicina a quella del poeta: articola il processo intra-psichico individuale con il processo inter-soggettivo, dà voce a un'entità circolante e sfida il pericolo di arrivare alla tregua precoce del conflitto individuale e gruppale, per scioglierla.
"Il porta-parola è colui che nel gruppo, a un determinato momento, dice qualcosa, enuncia qualcosa e questo qualcosa è il segno di un processo gruppale che fino a quel momento è rimasto latente o implicito, come nascosto nella totalità del gruppo.
Come segno, ciò che denuncia il porta-parola va decodificato, ossia va spogliato del suo aspetto implicito. In questo modo viene decodificato dal gruppo ciò che segnala il significato di questo aspetto.
Il porta-parola non ha coscienza di enunciare qualcosa della significazione gruppale che ha luogo in quel momento, ma solo di enunciare o di fare qualcosa che vive come proprio" (Pichon-Rivière)
La parola diviene il contenitore dell'esperienza, sostituendo la pelle nelle sue funzioni di confine e contatto.
L'esperienza si attua sul confine di contatto, come afferma Goodman e, nel gruppo, ma anche nell'individuo, l'identità (dal latino identitate, da idem, proprio quello stesso; uguaglianza completa e assoluta), ha esperienza sul suo confine che è la parola.
Nella concezione di porta-parola di Piera Aulagnier, l'identità è devoluta al discorso della madre nella strutturazione della psiche del bambino.
Per un'uguaglianza completa e assoluta dell'esperienza, la parola discorsiva della madre accompagna, commenta e anticipa le attività e i supposti pensieri del figlio.
Silenzio, da latino silentium, silére, tacere, di origine indoeuropea.
Tacere, di etimologia incerta; tacito, che tace, mantiene il silenzio, che non è espresso apertamente ma si può facilmente intuire, aspettare tacitamente.
Nel vissuto che la nostra cultura ha del silenzio c'è una condizione di attesa e rivelazione.
Attesa che qualcosa si riveli, in un silenzio che è ascolto e nel quale emerge la possibilità di un'intuizione, di una nuova comprensione dell'esperienza.
Questa comprensione ha di nuovo l'identità tra l'esperienza e l'esperiente, senza nessun bisogno di ricorrere ad una comprensione successiva che utilizzi la riflessione.
Come nel silenzio anche nel racconto efficace il gruppo viene narrato a se stesso attraverso un linguaggio che Bion chiama dell'effettività e che ha la stessa immediatezza e forza dell'azione.
Il luogo di contatto e comunicazione che la parola incarna nel dialogo collettivo, diventa il luogo dell'identità di gruppo e la forma parlante dei suoi bisogni, messa in evidenza su uno sfondo confuso, ed esterno, di verbalizzazioni.
Nelle situazioni di contatto il Sé è la volontà che forma l'interesse nel campo delle interazioni, il Sé è il processo dell'individuazione nel campo della situazione di contatto.
Il senso di questo processo formativo, cioè il rapporto dinamico tra interesse e campo (Perls questo rapporto lo indica con figura/sfondo) è l'identità: sentire che nella situazione di contatto, la situazione incompiuta tende a completarsi.
Il Sé esiste non come un'istituzione fissa ma come un adattamento a problemi e situazioni intense e difficili (esperienza incompiuta o conflitto precocemente sedato).
Quando queste situazioni e problemi si avvicinano ad un compimento o a soluzione (dal latino solutus, sciolto; liberazione, dissolvimento) il Sé diminuisce.