Una relazione riparativa

 


"E' consigliabile che lo psicoterapeuta non si prefigga una meta troppo precisa,
è difficile che egli sappia meglio della natura e della volontà di vivere del paziente,
ciò che è necessario"
(C. G. Jung)

"Prenditi cura di me con quella nobile tenerezza
che solo in te ho trovato"
(Mary Wollstonecraft Godwin)



Per tutta la vita cerchiamo di avere un ruolo nei confronti degli altri o soddisfare le loro aspettative. 

La paura di non riuscire in tutto questo ci fa elaborare numerosi espedienti, fino ad arrivare all'inganno pur di avere la sensazione di essere riusciti a raggiungere un obiettivo. La debolezza personale o la sensazione d'incapacità vengono segregate.

Alla lunga riusciamo a ingannare anche noi stessi e alcuni sentimenti ed emozioni sono repressi nel profondo, non riuscendo più a partecipare alla parte liberamente funzionante dei nostri comportamenti.

Se abbiamo rafforzato queste difese di autoinganno per lunghi anni di sforzi intensi, queste resisteranno a ogni tentativo di eliminarle, soprattutto se questi tentativi provengono da qualcun altro.

Questa resistenza opera in ogni caso, per quanto genuino sia il desiderio di cambiare.

Come può la psicoterapia aiutare una persona se questa continua a difendersi e a resistere?

La risposta è nel non cercare di portar via le difese ma offrire una relazione in cui non si abbia più bisogno di difese.

Dove le altre relazioni sono state piene di timori di essere rifiutati, criticati, puniti, controllati, giudicati o ridicolizzati, la relazione terapeutica è priva di queste caratteristiche.

Dove gli altri hanno frainteso e rifiutato, il terapeuta comprende e accoglie.

Dove gli altri si lasciavano manovrare, adulare, sedurre, trascinare o ridurre alla condiscendenza, il terapeuta mantiene nella relazione una posizione ferma e costante.

Dove gli altri hanno cercato di controllare, guidare e dirigere, il terapeuta, con un atto di fiducia nel cliente, per coerenza se ne astiene.

Dove gli altri si lasciano prendere dal panico quando il cliente presenta deviazioni di comportamento abnormi e pericolose, il terapeuta mantiene la fiducia nelle capacità del cliente di poter riprendere la padronanza di sé.

Dove le altre relazioni sono state superficiali, false, di scarso affidamento e temporanee, il terapeuta è sincero, genuino, fidato e disponibile, fino a quando il cliente ne ha bisogno.

Offrire una relazione di questo tipo è difficile, naturalmente, e nessun terapeuta potrà essere perfetto in questo senso. Egli dovrà essere aperto e onesto con se stesso e riconoscere quale debbano essere i limiti della sua disponibilità nella relazione terapeutica.

Il terapeuta deve avere chiaro quanto vuole e può dare di sé al cliente.

In questa disponibilità le misure da verificare sono quelle dell’accettazione, della confidenzialità e del gradimento personale. 

La manovra successiva è quella di rassicurare il cliente che il contributo a una buona crescita della relazione terapeutica è autentico e che egli può farci affidamento.

Tutto questo non avviene esplicitamente ma attraverso le tante caratteristiche del setting terapeutico e nelle dimensioni di calore e accoglienza che si riescono a produrre nel corso del primo periodo della psicoterapia.

"Quando il cliente sentirà di potersi muovere liberamente nella relazione terapeutica abbandonerà le sue cautele, farà cadere le difese e comincerà a essere più se stesso. Quando questa libertà si manifesta ne derivano molti interessanti sviluppi." (Fitts W., L’esperienza della psicoterapia)