"Il linguaggio interiore non è l'aspetto del linguaggio esterno, è una funzione a parte. Spesso è privo di grammatica, è condensato, procede a salti, si muove capricciosamente seguendo associazioni e analogie, perché la sua funzione non è quella di comunicare" (Vygotskij L. S., Pensiero e linguaggio)
E'
una contemplazione di carattere squisitamente personale e dotata di qualità
immaginative. E' una narrazione del Sè. Potremmo
supporre che questa forma curiosa e non-lineare di linguaggio emotivo (come il
parlottio del bambino che gioca), abbia lo scopo di rappresentare e quindi di
portare in vita il sentimento del Sé. Questa attività si rivela necessaria per
la creazione di una zona personale, cioè il mio, come risultato
dell'elaborazione dell'Io sul Tu.
Distinto
e formato il nucleo di contatto e creato lo spazio di un'elaborazione, il linguaggio interiore scompare nella sua forma non-lineare. Nella psicoterapia, il
terapeuta sente questo passaggio quando avverte la sensazione di contenere un
segreto, legato al cliente, oppure mantiene una maggior memoria sui fatti del
cliente. L'esperienza di questo flusso costante di coscienza riguardo all'altro
e alle emozioni personali ad esso legate, è il segnale che il locus del Sé
terapeutico è stato interiorizzato. La forma non-lineare del linguaggio è ora
il linguaggio della vita interiore e può essere considerato il linguaggio del
Sé. Il terapeuta scopre una teoria della sua reazione controtransferale al
cliente e stabilisce un attaccamento sicuro al cliente.
Come nel processo che
Fonagy e Target (1997) chiamano di "mentalizzazione", la sicurezza
che il terapeuta raggiunge nei confronti dei propri vissuti riguardo al
cliente, permette la nascita di un Sè che il terapeuta utilizzerà in modo
terapeutico. Egli considerava lo sviluppo del Sè un processo di
duplicazione, costituito in origine da un "ego" e da un
"alter". Quest'ultimo viene interiorizzato in un processo di
riverberi in cui viene assunto e ricreato; il processo viene così a culminare
nella formazione di un "Sè bipolare". A questo punto dell'evoluzione
del rapporto terapeutico i due linguaggi si coordinano reciprocamente tra loro
e i dialoghi fatti in seduta sono una miscela di entrambi.
Il
luogo del gioco simbolico, che il terapeuta fa con la propria risposta
controtransferale, è un campo metaforico che sorge fra le due persone. Il Sè
non è solo interiore ma si trova e si manifesta in questo spazio metaforico
della seduta. Il "me stesso" che è l'intero dell'esperienza
psico-corporea del terapeuta, esprime sia il senso dell'esperienza interiore,
sia l’esperienza vissuta tra il me e il cliente: me stesso è
"dentro e in mezzo".
"Riesco
a trovare me stesso solo dentro, e fra me e i miei simili nella conversazione
umana" (Hobson R. F., Forms of feeling: the hear of Psychotherapy)